Manca solo un anno e mezzo alle prossime elezioni ed è forse già tempo di qualche bilancio, in questi giorni è aperto il dibattito sulla ricandidatura di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano, di qualche giorno fa la notizia che il sindaco sta pensando ad un nuovo “soggetto politico” da collocarsi, forse, a sinistra del Partito Democratico (o forse sopra, o sotto, o dietro; d’altronde Grillo ha liberalizzato le posizioni in politica).
In questa riflessione affrontiamo una questione di politica applicata, una problematica a cui lo stesso sindaco ha fatto riferimento nella trasmissione Ballarò andata in onda il 1° ottobre scorso, un problema spinoso e ancora irrisolto, quello dell’efficienza e dell’efficacia della macchina amministrativa comunale.
Problema irrisolto, perchè oltre a qualche bella dichiarazione dell’ultima ora da parte del sindaco, di concreto sino ad oggi si è visto ben poco.
Da quando Sergio Rizzo ha pubblicato i suoi articoli sulle inefficienze, sugli sprechi e sulla parentopoli del Comune di Roma l’attenzione dell’opinione pubblica è alquanto sensibile al tema.
Diciamo subito che l’amministrazione comunale di Milano è statisticamente più efficiente di quella di Roma, ma il paragone sembra purtroppo solo una magra consolazione.
La domanda che ci vogliamo porre in questa riflessione non è se i dipendenti del comune di Milano siano troppi o troppo pochi (ognuno si faccia la sua idea) ma se la forza lavoro comunale sia impiegata in modo efficiente ed efficace, se lo standard del servizio reso sia soddisfacente (secondo chi scrive no) e quali siano le iniziative che la giunta dovrebbe intraprendere per risolvere la problematica.
La situazione è la seguente:
il comune di Milano ha attualmente, risorsa più risorsa meno, 15.643 dipendenti diretti, impiegati negli uffici comunali, a questi vanno aggiunti altri 11.356 dipendenti delle società partecipate al 100% dal Comune che offrono servizi al cittadino “in nome e per conto del comune”[1]; rimangono esclusi dal computo tutti gli altri dipendenti delle società partecipate dal comune ma non al 100%[2].
Possiamo quindi assumere che il comune impieghi direttamente e tramite le sue controllate un totale di 27.000 dipendenti.
Analizzando il costo dei soli dipendenti “diretti” (i 15.643) nell’anno 2013 la spesa in stipendi è stata di 334.714.660 Euro a cui vanno aggiunti però 102.203.405 Euro di indennità e compensi accessori (di cui circa 30 milioni per premi di produttività) a cui vanno sommati altri 124.569.434 Euro di contributi.
Fuori dal computo rimangono le spese per assicurazione, formazione, buoni pasto, servizio mensa, nonché le altre spese come la manutenzione immobili, le spese di gestione e amministrazione ecc.
Insomma i costi fissi del personale superano abbondantemente il mezzo miliardo di Euro l’anno per i soli dipendenti diretti.
C’é quindi da chiedersi come sia il servizio offerto.
Qui entra in scena il signor Brambilla, milanese medio, che oltre ad avere le sue problematiche giornaliere ed oltre a dover pagare un monte straordinario di tasse e tariffe (di cui magari parleremo in un altro post) ha la sventura di doversi avventurare negli uffici comunali…uno su tutti, l’anagrafe di via Larga che fa capo all’assessorato al Commercio, Attività produttive, Turismo, Marketing territoriale e Servizi Civici, retto dall’assessore Franco D’Alfonso.
Per rendere l’idea della quotidianità di un signor Brabilla qualunque, vediamo alcuni brevi spezzoni della sua vita…
Il signor Brambilla ha bisogno di un semplice certificato di Matrimonio: è il 28 luglio e all’ingresso degli uffici di Via Larga vi sono due dipendenti comunali che distribuiscono i numeri per i vari servizi (evidentemente le macchinette automatiche che si trovano alla posta o in banca qui non sono arrivate – diavoleria moderna), una dipendente è accasciata sul tavolo d’ingresso e legge il giornale, l’altra parla al telefono. Ma perché non distribuiscono i numeri? Si chiede ingenuamente il signor Brambilla. Ne danno 10 ogni 15 minuti! Risponde una signora anziana penosamente li in coda. E perché? Perché il salone d’attesa, distinto dall’atrio, è già stracolmo al inverosimile e non contiene altre persone! Amara constatazione.
Davanti al malcapitato Brambilla, solo per il suo servizio, altre 146 persone.
Finale della storia: per la stampa di un semplice certificato di matrimonio il signor Brambilla dovrà attendere più di quattro ore, seduto sulle scale che portano al piano superiore dell’edificio ed immerso in una baraonda di cittadini inferociti e mamme sconsolate che non riescono più a tranquillizzare i loro bimbi portati (con colpevole imprudenza !?) con loro, anche la piccola area giochi per bambini risulta completamente inutilizzabile perché invasa da adulti elemosinanti un posticino per sedersi; nel frattempo mezza giornata di lavoro del signor Brambilla se ne va in fumo…
La moglie del signor Brambilla vuole richiedere la residenza per cittadino straniero sposato con cittadino italiano: il signor Brambilla, insieme alla moglie, spedisce con fiducia tutti i documenti all’anagrafe via posta certificata, su suggerimento degli stessi impiegati comunali, tutto è in ordine, ma non arriva alcuna risposta. Per sapere se la mail è arrivata e se la pratica va correttamente avanti non si può telefonare, bisogna recarsi in via Larga: altre tre ore di coda! La mail non risulta! La signora Brambilla chiede allora di consegnare i documenti cartacei a mano, ma non si può! Bisogna prendere un appuntamento per consegnare i documenti, non basta quindi fare tre ore di fila. La prima disponibilità è dopo 40 giorni (solo per la consegna dei documenti!).
Finale della storia: la signora Brambilla si chiede se essere venuta in Italia, lasciando il proprio impiego in una multinazionale cinese per poi magari cercarne uno nel bel paese, sia stata una buona scelta. Il signor Brambilla si preoccupa!
Il signor Brambilla deve pagare la TARES: il signor Brambilla l’anno scorso aveva ricevuto a casa il bollettino TARES con un errore, nella sua abitazione risultava ancora il padre, che da diversi anni era però emigrato verso altro comune. Il signor Brambilla telefona quindi allo 020202, richiedendo un appuntamento agli uffici comunali, ed un permesso al lavoro. Negli uffici del comune l’impiegato constata, dalla stessa anagrafe comunale, che il padre del signor Brambilla era emigrato diversi anni orsono (ma se il comune già sapeva tutto, perché la TARES è arrivata errata?)
Finale della storia: il signor Brambilla fa ricorso, non paga la Tares, il comune non vede un euro, e a distanza di un anno il signor Brambilla non si è visto recapitare nessun altro avviso di pagamento TARES, in compenso il signor Brambilla quest’anno si può consolare con la TASI e la TARI.
Si potrebbe continuare così all’infinito, tra cittadini che perdono la testa per sapere quanto devono pagare di TASI (come se alla cassa la cassiera ci chiedesse di calcolare il prezzo della nutella in base agli ingredienti) e code interminabili per ottenere documenti assurdi utili solo per la richiesta di altri documenti.
Il signor Brambilla, che poi è chi scrive, potrà essere stato sfortunato, ma a giudicare dalle parole del sindaco alla trasmissione Ballarò, dove denunciava l’immobilismo organizzativo della macchina comunale e dei sindacati dei lavoratori, non sembrerebbe.
Il consiglio che qui si vuole dare all’amministrazione Pisapia e segnatamente all’assessore D’Alfonso, è quello di intervenire con maggior forza e sicurezza su tutta l’organizzazione della macchina comunale, perché se è vero come è vero che il numero dei dipendenti comunali non è modificabile nel breve termine è certamente possibile, e doveroso, organizzare meglio la macchina comunale redendola non solo più efficiente ma soprattutto più efficace.
Se si deve spendere più di mezzo miliardo di Euro l’ano per i soli stipendi dei dipendenti diretti, con correlate tasse locali, poi non si può chiedere ai cittadino di attendere ore e ore davanti ad uno sportello comunale.
Guai a fermarsi davanti alla minaccia di uno sciopero! Guai a tergiversare cercando un accordo al ribasso! E guai a pensare che i lavoratori comunali siano un serbatoio di voti da tutelare (magari per il costituendo soggetto politico che, forse, ha in mente il sindaco). Non si deve pensare ai soli voti dei lavoratori comunali ma piuttosto ai voti dei lavoratori penosamente in coda negli uffici comunali … e forse a Milano si vincerà ancora
Qualcuno insisterà che i dipendenti comunali sono restii al cambiamento delle regole contrattuali con cui soso stati assunti; ma è proprio questo il compito della politica! E’ questa la sfida di un buon amministratore, e segnatamente di un amministratore di sinistra. Risolvere i problemi della macchina pubblica facendo delle scelte, cambiando, razionalizzando e compenetrando gli interessi dei lavoratori pubblici con quelli dei cittadini, anche scontrandosi con i sindacati se ce ne è bisogno.
Ci vogliono chiare e decise scelte politiche!
Perché se non fanno scelte politiche , il sindaco e gli assessori che cosa li abbiamo eletti a fare?
Alberto Poli
————————–
[1] Metropolitana Milanese, ATM, AMAT, Sogemi, MIR, Milano Ristorazione, Milano Sport
[2] A2A (compresa AMSA), SEA, ecc.
Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...