In queste settimane di confronto sulle riforme istituzionali sta emergendo con forza la figura del renziano con la sindrome da accerchiamento. Questo atteggiamento, all’interno di un partito democratico di nome e di fatto, non è positivo.
Sia ben chiaro, con molti compagni di partito le discussioni sono feconde e produttive, però spiace quando critiche nel merito delle importantissime riforme istituzionali vengono prese come strumentali e denigrabili ostacoli al processo di riforma della Costituzione ed all’azione del governo, non meritevoli quindi di alcuna discussione. La sindrome da accerchiamento è proprio questo: vedere in ogni critica un attacco atto a indebolire il premier/segretario e la sua innegabile spinta riformatrice piuttosto che un aiuto a migliorare dei progetti positivi ma decisamente migliorabili.
Renzi ha avuto il grandissimo merito di far ripartire con inedita energia il processo di riforma delle istituzioni, ma questa energia non deve tradursi in cieca frenesia. Le riforme istituzionali sono delicatissime, vanno maneggiate con cautela perché la democrazia è fragile, basta pochissimo perché si spezzi e lasci il passo a forme di governo ben peggiori. Nelle istituzioni democratiche tutti devono potersi riconoscere, tutti devono percepire le regole del gioco democratico come legittime. Nessuno deve sentirsi escluso dal funzionamento della democrazia. Le critiche che si stano muovendo, in particolare per quanto concerne l’elettività dei senatori e la loro eventuale immunità, servono proprio a rendere più condivise, quindi solide e resistenti, le istituzioni riformate dal Governo Renzi.
Io auspico che i toni si abbassino e che la maggioranza del partito non veda dei nemici nei compagni di partito ma, appunto, dei compagni che pur rimanendo leali e orgogliosi del segretario, non rinunciano ad un’analisi critica del suo operato.
Archivio mensile:giugno 2014
Il caso Mineo: prepotenza o necessità?
mercoledì 18 giugno – h. 21,00
In questi ultimi giorni le vicende interne del Partito Democratico sono tornate a essere fonte di grande dibattito. Da un lato l’articolo 67 della Costituzione e l’assenza di vincolo di mandato, dall’altra i regolamenti parlamentari e la necessità di portare avanti una proposta di riforma costituzionale per non fermarsi nella palude. Cosa deve prevalere, in che modo e con quali limiti?
Ne discutiamo tutti insieme al circolo!
Riforme costituzionali: Renzi sta correndo troppo?
Sulle riforme della Costituzione forse dovremmo cercare di essere più cauti. Tutti, all’interno come all’esterno del Pd, riconoscono a Renzi di aver dato una straordinaria spinta per quanto riguarda le riforme istituzionali. Questa spinta eccezionale però non deve trasformarsi in cieca frenesia. Con le riforme istituzionali noi modifichiamo le fondamentali regole del funzionamento della democrazia nel nostro paese. Tutti, nessuno escluso, devono riconoscersi nell’assetto istituzionale e nelle dinamiche che permettono loro di funzionare. Nessuno è sacrificabile da questo punto di vista, perché tutti facciamo parte della comunità-nazione.
Mi sembra che questo passaggio sia stato vissuto con troppa frenesia, con troppa voglia di chiudere un accordo anche a costo di lasciare indietro qualcuno. Io penso che di fronte a una riforma della Costituzione abbia poco senso richiamarsi alla disciplina di partito perché in quel momento più che in qualsiasi altro i parlamentari devono essere rappresentanti della nazione tutta, e non solo di una parte, perché la Costituzione è di tutti e tutti ci si devono poter riconoscere. Consiglierei a Renzi di metterci magari un mese in più, ma di uscirne come uno statista qual è in potenza, elaborando una proposta che sia riconosciuta dalla stragrande parte del paese come un cambiamento positivo, piuttosto che solo come un cambiamento.
Io penso che si sia commesso un errore politico nel sostituire Mineo per quanto detto sopra (sostituire 2 membri della commissione per poter far passare la riforma 15 a 14 non è proprio un messaggio di condivisione) e penso anche che la nostra comunità democratica si sia concentrata troppo sull’interpretazione politica del comportamento di Mineo, piuttosto che sui contenuti che lui e altri senatori portavano (e mi auguro continuino a portare) a questo importantissimo dibattito.
Filippo Sanna